Lo scrittore: un testimone spassionato

A me pare che non tocchi ai letterati risolvere problemi come quelli di Dio, del pessimismo, ecc. Compito del narratore è soltanto ritrarre chi, come e in quali circostanze ha parlato oppure meditato su Dio o sul pessimismo.

L'artista non dev'essere il giudice dei suoi personaggi né di ciò che essi dicono, ma solamente un testimone spassionato.

Io ho sentito un discorso sconnesso e inconcludente di due russi sul pessimismo e debbo riferire tale discorso nella stessa forma in cui l'ho udito; formulare un apprezzamento sarà cosa dei giurati, cioè dei lettori. Io debbo cercare solamente d'avere talento, cioè di saper distinguere le deposizioni importanti dalle non importanti, di saper lumeggiare le figure e parlare il loro linguaggio.

Ščeglov Leont'ev mi incolpa di aver terminato il racconto con la frase: "A questo mondo non si capisce un bel niente!" Secondo lui l'artista psicologo deve capire, per il fatto di essere psicologo. Ma io non concordo con lui. Coloro che scrivono, e gli artisti in particolare, dovrebbero ormai riconoscere che a questo mondo non si capisce nulla, come a suo tempo lo riconobbero Socrate e Voltaire.

La folla crede di sapere e d comprendere tutto; e più è sciocca, più sembra vasto il suo orizzonte. Ma se l'artista, al quale la folla crede, avesse il coraggio di affermare che non capisce nulla di quel che vede, ciò costituirebve da solo una grande conoscenza e un gran passo avanti nel campo del pensiero.

— Lettera di Antòn Čechov all'amico Aleksej Suvorin
(Sumy, 30 maggio 1888)

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