La funzione dei racconti immodificabili
Siamo entrati nell'era dell'ipertesto e l'ipertesto non solo ci permette di viaggiare attraverso un gomitolo testuale, senza necessariamente sfilare tutta l'informazione che contiene, penetrandolo come un ferro da maglia in un gomitolo testuale. Grazie all'ipertesto è nata anche la pratica di una scrittura narrativa libera. Oggi potete scrivere collettivamente delle storie, partecipando a narrazioni di cui è possibile modificare l'andamento, all'infinito.
Pensate, voi leggevate con passione Guerra e Pace, chiedendovi se Natascia avrebbe finalmente ceduto alle lusinghe di Anatole, se quel meraviglioso principe Andrea sarebbe veramente morto, se Pierre avrebbe avuto il coraggio di sparare su Napoleone, e ora finalmente potete rifare il vostro Tolstoj, conferendo ad Andrea una lunga vita felice, facendo di Pierre il liberatore dell'Europa.
Sarebbe male? No, perché Anche questo la letteratura ha già fatto, e prima degli ipertesti, con il progetto di "Le Livre" di Mallarmé, i cadaveri squisiti dei surrealisti, i miliardi di poemi di Queneau, i libri mobili della seconda avanguardia. Ed è questo che ha fatto la jam session jazz. Ma il fatto che esista la pratica della Jam Session, che muta ogni sera il destino di un tema, non ci esenta, né ci scoraggia, dall'andare nelle sale di concerto dove la "Sonata in si bemolle minore op. 35" finirà ogni sera sempre nello stesso modo.
Ma questi giochi non sostituiscono la vera funzione educativa della letteratura, funzione educativa che non si esaurisce nella trasmissione di idee morali, buone o cattive che siano, o nella formazione del senso del bello.
Jurij Lotman, nella "Cultura e l'esplosione", riprende la famosa raccomandazione di Čechov, per cui se in un racconto o in un dramma viene mostrato all'inizio un fucile appeso alla parete, prima della fine quel fucile dovrà sparare. Lotman ci lascia capire che il vero problema non è se poi il fucile sparerà davvero. Proprio il non sapere se sparerà o no, conferisce significatività all'intreccio.
Leggere un racconto vuole anche dire essere presi da una tensione, da uno spasimo. Scoprire alla fine che il fucile ha spararo o meno, non assume il semplice valore di una notizia. È la scoperta che le cose sono andate, e per sempre, in un certo modo, al di là dei desideri del lettore. Il lettore deve accettare questa frustrazione, e attraverso di essa provare il brivido del Destino.
Se si potesse decidere del destino dei personaggi, sarebbe come andare al banco di un'agenzia di viaggi: "Allora dove vuol trovare la Balena, alle Samoa o alle Aleutine? E quando? E vuole ucciderla lei o lascia fare a Quiqueg?". La vera lezione di Moby Dick è che la Balena va dove vuole.
La funzione dei racconti "immodificabili" è proprio questa: contro ogni nostro desiderio di cambiare il destino, ci fanno toccare con mano l'impossibilità di cambiarlo. E così facendo, qualsiasi vicenda raccontino, raccontano anche la nostra, e per questo li leggiamo e li amiamo. Della loro severa lezione "repressiva" abbiamo bisogno.
La letteratura ipertestuale ci può educare alla libertà e alla creatività. È bene, ma non è tutto. I racconti "già fatti" ci insegnano anche a morire.
— Umberto Eco, "Il perché della letteratura", 2001
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