Con il fiato di Flaubert sul collo
Flaubert affettava una nostalgia per i grandi, inconsapevoli scrittori che l’avevano preceduto, gli “animali da penna” che andavano avanti a istinto, come Molière e Cervantes; essi, scrisse nelle sue lettere, “non avevano nessuna tecnica”.
Lui, invece, era destinato a “una fatica atroce” e a “un’ostinazione fanatica”. Questo fanatismo si applicava alla musica e al ritmo della frase.
Una fatica monacale alla cui ombra hanno vissuto, ognuno a modo suo, i romanzieri moderni. L’esuberante stilista (i Bellow, gli Updike) è diventato consapevole della sua esuberanza; ma anche lo stilista più sobrio (Hemingway, per esempio) è divenuto consapevole della sua sobrietà, che è giunta a somigliare a una forma di esuberanza estremamente controllata e minimalista, uno stilismo della rinuncia.
Il realista sente il fiato di Flaubert sul collo: è scritto abbastanza bene? Ma anche il formalista o il postmodernista sono in debito con lui per il sogno di un libro sul niente, un libro che voli alto sul solo stile. (Alain Robbe-Grillet e Nathalie Sarraute, creatori del “nouveau roman”, hanno riconosciuto esplicitamente in Flaubert il loro grande precursore.)
— James Wood, How Fiction Works, 2008
Hammerbrook - City can this really be true?
Commenti