Rumore (n°1)

Sto seduto in camera mia, nel quartiere generale del rumore di tutto l'appartamento. Odo sbattere tutte le porte, il loro rumore mi risparmia solo i passi di quelli che corrono fra l'una e l'altra, sento ancora lo sbattere dello sportello del focolare in cucina.

Mio padre spalanca i battenti della mia camera e vi passa trascinandosi dietro la veste da camera, dalla stufa della stanza attigua si gratta la cenere. Valli chiede a casaccio, attraverso l'anticamera, come gridando attraverso una via di Parigi, se il cappello del babbo è già spazzolato, un sibilo che vuol essermi familiare dà l'aire alle grida di una voce che risponde.

La porta della casa si schiude con lo scatto della maniglia e gracchia come una gola catarrosa, si apre poi col breve canto di una voce femminile e si chiude con una sorda scossa virile che si fa udire con meno riguardo che mai.

Mio padre è uscito e ora incomincia il rumore più tenero, più distratto, più disperato con a capo le voci di due canarini.

Ci pensavo già da prima, ma udendo i canarini mi viene di nuovo l'idea se non sia il caso di aprire la porta a spiraglio, andare strisciando come un serpente nella stanza attigua e così per terra implorare silenzio dalle mie sorelle e dalla loro signorina.

— Franz Kafka, Diari, 5 ottobre 1911.

Hammerbrook - City can this really be true?

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