Rifletti prima di pubblicare. Poi non avrai il controllo.

Va' dove ti porta il cuore a me è sembrato un romanzo breve non del tutto cattivo e, (soprattutto per faccende di lingua), non del tutto buono. Avendo letti gli altri due libri (per adulti) di Tamaro, ossia La testa tra le nuvole e Per voce sola, che sono stipatissimi di personaggi-mostri, ho letto Va' dove ti porta il cuore come il ritratto di una nonna-mostro, cinica e crudele, che redige una sorta di memoriale per allontanare da sé la responsabilità e, direi, addirittura l'odore di tutto il male che le sue scelte hanno portato alle persone che, teoricamente, dovevano esserle più care. Letto così, mi sembrava un romanzo medio e dignitoso.

Ho poi scoperto che la quasi totalità dei lettori e delle lettrici entusiasti/e di questo libro ha visto nella nonna-mostro una specie di incarnazione della bontà femminile assoluta. 

Evidentemente il desiderio di deresponsabilizzazione è così forte che l'etica americaneggiante dell'"io sono buono quando sto bene" (indipendentemente da chi paghi le spese del mio star bene) la sta vincendo sull'etica cattolico-sessantottina dell' "io sono buono quando l'altro sta bene".

So di avere contro di me circa 2.000.000 di opinioni, ma sono convinto che Tamaro abbia passato mesi d'angoscia a chiedersi: "Dove ho sbagliato? Com'è stato possibile un simile equivoco?". (Poi avrà concluso, immagino: "È andata così, amen, d'ora in poi staremo più attenti").

— Giulio Mozzi, Parole private dette in pubblico, 1974

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