Il buono e il cattivo scrittore
Il buon scrittore vede le cose in modo netto, vivido, preciso e selettivo (vale a dire che sceglie ciò che è importante) non necessariamente perché la sua capacità di osservazione sia per natura più acuta di quella delle altre persone (benché con la pratica diventi tale), ma perché si preoccupa di vedere le cose in modo chiaro e di metterle per iscritto in maniera convincente.
La sua preoccupazione è in parte dovuta al fatto di sapere che una visione trascurata può indebolire il suo progetto. Immaginando la scena narrativa in maniera imprecisa — ad esempio, non prestando attenzione al gesto che nella realtà accompagnerebbe una determinata asserzione di un personaggio (il cenno di sdegno che esprime la parziale ritrattazione di ciò che è stato detto in precedenza, o il pugno serrato che rivela emozioni più forti di quelle espresse dal personaggio) — lo scrittore può essere indotto a sviluppare la situazione in modo tale da risultare poco convincente.
È questa forse la cosa più fastidiosa della narrativa di cattiva qualità: avvertiamo che i personaggi sono stati manipolati, costretti a fare cose che nella realtà non farebbero.
Il cattivo scrittore può anche non avere l'intenzione di manipolare; semplicemente, non sa che cosa farebbero i suoi personaggi perché non li ha osservati abbastanza attentamente nella sua visione mentale — non ha colto i sottili spunti emozionali che allo scrittore più attento indicano lo sviluppo successivo dell'azione.— John Gardner, On Becoming a Novelist, 1983
Hammerbrook - City can this really be true?
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