Due principi avversi tra loro muovono la nostra esistenza spirituale: il senso del pittoresco e il piacere del necessario. Vorrei scommettere cento contro uno che l’uomo che, per così dire, vive la vita, e cioè il filisteo, dà la preferenza al pittoresco, mentre il poeta si accontenta del necessario.
Il poeta ha infatti bisogno di avere via libera nella vita esteriore per poter arrivare a quei miracoli che tira fuori da se stesso. Porta nella sua testa tutte le stelle del cielo e, per goderne, ha solo bisogno di una lampada che funzioni bene [corsivo mio].
Sapere che esistono vetture pubbliche che lo conducono rapidamente e comodamente al suo tavolo di lavoro è per lui più importante di sapere che nel museo della sua città è appeso un autentico Correggio.
Per il filisteo, invece, il Correggio è indispensabile, anche se non è in grado di distinguerlo da un autentico Knackfuss. Il filisteo vive in un presente costituito da attrattive turistiche; l’artista tende, invece, verso un passato dotato di tutti i comfort dell’epoca moderna.
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