Le catene di carta: strappiamole scrivendo

Per definire la potenza oppressiva del sistema (burocratico), Kafka ha inventato un'immagine stupefacente: "Le catene dell'umanità torturata sono di carta protocollo". Il termine tedesco, "Kanzleipapiere", non è facile da tradurre; "scartoffie", la traduzione adottata da qualcuno, è debole. Meglio sarebbe ancora "carta ministeriale". "Kanzlei" in generale si traduce "ufficio", ma la traduzione non dà la ricchezza del senso originale del termine, che deriva dal latino medioevale, "cancelleria", un luogo circondato da griglie e barriere, i cancelli entro i quali si preparano i documenti ufficiali.

È una parola che esce spesso dalla penna di Kafka, nel Processo e nel Castello, per rendere conto dei luoghi in cui siedono le istanze, luoghi sempre circondati da altissimi cancelli, visibili e inivisibili, che tengono a distanza i comuni mortali. I Kanzleipapiere sono evidentemente documenti scritti e stampati: moduli ufficiali, schedie di polizia, carte di identità, atti d'accusa o sentenze di tribunali. La scrittura è dunque il mezzo con cui le istanze dirigenti esercitano il proprio potere.

Kafka reagisce utilizzando lo stesso mezzo, ma rovesciando completamente la procedura: una scrittura della libertà, letteraria o poetica, che sovverte le pretese dei potenti.

L'immagine delle "catene di carta" sembra peraltro avere un duplice significato: essa allude sia al carattere oppressivo del sistema burocratico, che assoggetta gli individui con i suoi documenti ufficiali, sia il carattere precario di tali catene, che si potrebbero strappare facilmente, se solo gli umani volessero liberarsene...

— Michael Lövy, Franz Kafka rêveur insoumis, 2004

Hammerbrook - City can this really be true?

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