Un racconto deve espandere la sua ambizione e le sue premesse

Io non so mai come andrà a finire un racconto. La mia idea è di lasciarlo aperto e consentire che l'energia naturale di una storia mi parli. Altrimenti il processo stesso della scrittura potrebbe assumere una valenza paternalistica: lo scrittore "decide" di cosa tratta la storia, e poi in un certo qual modo scarica questo contenuto sul lettore. Il mio modello di racconto dovrebbe essere qualcosa di molto intimo, reattivo, rispettoso, in cui sia lo scrittore che il lettore mettono avanti le proprie parti di sé migliori. Questo comporta per me, da un punto di vista pratico, una grande quantità di revisioni, per cercare di riacciuffarmi quando sto andando avanti a ruota libera, o quando rischio il sermone, o quando dimostro di sapere troppo bene dov'è che la storia sta andando a parare.

Il poeta americano Gerald Stern ha detto una volta una cosa del tipo: "Se cominci a scrivere un poema su due cani che si stanno inculando, e scrivi un poema su due cani che si stanno inculando, alla fin fine avrai scritto un poema su due cani che si inculano". E sarà deludente.

Un racconto dovrebbe espandere la sua ambizione e le sue premesse. Einstein ha detto la stessa cosa, però, certo, in una maniera più elevata: "nessun problema può essere risolto allo stesso livello di pensiero che lo ha generato".

— George Saunders
intervista via mail di Francesca Borrelli
Il manifesto, dicembre 2013

Hammerbrook - City can this really be true?

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