I capolavori: complici di chi pensa con la propria testa

Si potrebbe dire che il capolavoro letterario è un grande libro contro cui non vengono più sollevate obiezioni. Un capolavoro è spesso un individuo molto anziano che si è adagiato sulla venerazione che si ha di lui. Impigliato nelle reti inamidate delle note a piè di pagina e zavorrato a terra da citazioni, sempre le stesse, riportate da persone che non l'hanno letto ma citano quelli che le citavano prima di loro, cullato insomma da lodi deprimenti, si annoia.

Arriva un bambino dispettoso che lo tira per la giacca. E allora, d'improvviso, l'anziano inizia a sorridere, si rianima. Ci accorgiamo che non era poi così vecchio. Erano i vecchi che gli facevano venire tutte quelle rughe. Potremmo definire "vecchio" chiunque riproponga uno stereotipo senza riflettere. Ci sono vecchi di tredici anni. Pronti per l'agenzia delle entrate, la carriera in un sindacato, l'arringa da pubblico ministero. L'anziano se ne frega, si è dileguato attraverso un buco nella rete praticato dal piccolo sfacciato. I vecchi continuano ad ammirare la rete. Il capolavoro è scappato in spiaggia con il bambino dispettoso.

Qualsiasi cosa abbiano detto di lui, ha resistito. E anche i suoi lettori hanno deciso di non dare retta a tutte le banalità con cui li hanno stremati e di giudicare per conto proprio.

— Charles Dantzig, À propos des chefs-d'oeuvre, 2013

Hammerbrook - City can this really be true?

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