Disturbare il mondo che è, creare il mondo che può essere

C’è chi scrive per essere amato: Dic­kens, Gar­cía Már­quez. C’è chi scrive per essere odiato: Céline, Houel­le­becq. C’è che scrive per essere gustato: Sara­mago, Nélida Piñon, arte­fici della lin­gua più gustosa, la lusi­tana. C’è che scrive per in-vertire: Bal­zac, Gal­dós, Dos Pas­sos. C’è che scrive per sov-vertire: D.H. Law­rence, Juan Goy­ti­solo, Jean Genet. C’è che scrive per di-vertire: Sterne, Saki, Dide­rot. C’è che scrive per con-vertire: Mau­riac, Ber­na­nos, Gra­ham Greene. C’è che scrive per av-vertire: Swift, Vol­taire, Orwell.

Temuto, amato, odiato, lo scrit­tore nasconde il segreto desi­de­rio di essere, al tempo stesso, un disturbo per il mondo che è, e un crea­tore del mondo che può essere. Il fine ultimo è, in ogni caso, il let­tore e lo scopo dell’autore è avere un effetto sulla vita affet­tiva del let­tore, ten­dere fra sé e il let­tore un ponte per l’inti­mità anche a costo dell’inti­mi­da­zione, rin­no­vare nella let­tura lo spi­rito del let­tore e l’esi­stenza del libro. Per­ché sap­piamo che il let­tore, pro­ta­go­ni­sta del post-meridiano, cono­sce il futuro. Lo scrit­tore, no.

Inol­tre, per­ché lo scrit­tore con­se­gni un libro al let­tore, deve scri­vere una let­te­ra­tura che crei let­tori, non una let­te­ra­tura che conti let­tori.

— Carlos Fuentes, Pre­mio Gre­gor von Rez­zori
lectio magistralis, 22 mag­gio 2009

Hammerbrook - City can this really be true?

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