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La scrittura: uno sfrenato esercizio di irresponsabilità sociale
Si dica quel che si vuole, ma uno scrittore non ha nessun obbligo – assolutamente nessuno – di scrivere articoli o rubriche. Né di scriverli, né di intervenire in altro modo nel dibattito pubblico; anzi, per alcuni autori la pratica del giornalismo può essere catastrofica, non perché svilisce lo stile (come diceva Valle-Inclán, a mio avviso erroneamente), ma piuttosto perché l’esercizio di responsabilità sociale al quale lo obbliga può finire col contaminare il resto della sua scrittura, che non può che essere uno sfrenato esercizio di irresponsabilità sociale.
Ora, se lo scrittore decide di scrivere articoli o rubriche, per un qualsiasi motivo (esempio: perché sospetta che se un irresponsabile professionista come lui non pratica di quando in quando la responsabilità può finire col trasformarsi in un buffone), il minimo che può fare è ricopiare sulla lavagna un centinaio di volte al giorno questa frase di Ezra Pound per averla sempre presente: «Farò dichiarazioni che pochi possono permettersi, perché potrebbero compromettere il loro reddito o il loro prestigio in ambito professionale, e sono solo alla portata di uno scrittore libero. Data la mia libertà, può essere che sia stupido a usarla, ma sarei una canaglia se non lo facessi».
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