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Cerca in te stesso. È già tutto lì.
Quando scrivo un romanzo mi calo sempre negli anfratti più bui del mio essere. Poi osservo i paesaggi che vi incontro e li descrivo. In realtà, non si tratta di costruire un intreccio nella mia testa, ma una narrazione che in me esiste già, di raccoglierla e di stenderla su carta.
Si può dunque dire che io non possiedo mai alcuna libertà di scelta, per quanto riguarda ciò che scelgo di raccontare. Come se tutto fosse già lì, al fondo di me stesso. Dipende forse dai film che ho visto, dalla musica che ho ascoltato, dai libri che ho letto. Hanno la loro importanza anche le persone che ho conosciuto, e i paesaggi e anche l’aria che ho respirato. Per non parlare dei ricordi dolorosi che provengono dal mio passato, o al contrario le cose belle…
Tutti questi elementi molto personali scivolano per conto loro nelle storie che scrivo. Ma, siccome sono stati immersi, e a lungo, nell’oscurità, questi elementi s’incupiscono, al punto che, a volte, diventano un incubo. E’ ciò che accade nelle pagine piene di sevizie o di violenza estrema e in cui il sesso si trasforma in qualcosa di deviante.
La cosa strana, è che io non sono pessimista. Il contrario, piuttosto. Ciò che desidero mostrare, nelle mie storie, è che, per poter sperare, bisogna attraversare un lungo incubo. Per cercare la luce, bisogna essere avvolti da profonde tenebre. Per conoscere la pace, bisogna passare attraverso una violenza che ci sfugge. Se ci sono persone che apprezzano ciò che scrivo, questo dipende forse dal fatto che percepiscono la convinzione, che giace in fondo al mio cuore, che si può sempre cogliere un piccolo accenno di luce anche nella notte più buia.
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