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Il critico fa l'autopsia, lo scrittore partorisce.
DAVID SCHWARTZ: Prima di essere stato uno scrittore e un filmaker sei stato un critico. In che modo questa esperienza ha influenzato il tuo lavoro creativo?
PAUL SCHRADER: Forse in modo più negativo che positivo. Perché un critico sotto molti aspetti è come un medico legale. Sai cosa voglio dire: apri il cadavere e vuoi vedere come e perché quel corpo è vissuto. Al contrario lo scrittore e il filmmaker assomigliano di più a una donna incinta. Quello che cerchi di fare è di mantenere il figlio in salute. Dunque lo nutri, lo assisti e speri che esca vivo. Dunque devi assicurarti che il medico legale non entri nella stanza del parto. Perché ucciderebbe il bambino. Lo squarterebbe e direbbe: "Oh, che bambino interessante!".
Dunque devi fare in modo che l'approcio mentale del critico non interferisca, e se sei stato un critico professionista per tanti anni non è un compito facile. Tuttavia devi cercare di accettare il mistero delle situazioni, e alle volte i personaggi dicono qualcosa, e se qualcuno mi chiede perché l'hanno detto, io non so rispondere, non ho proprio idea del perché l'abbiano detto. Resta il fatto che l'hanno detto, e sanno perché l'hanno detto. O magari non sanno neppure loro perché l'hanno detto, ma ci sta. E il critico che è in te non riesce ad accettare questa mancanza di logica, eppure devi fare di tutto per salvaguardare il mistero.
Ci sono tante cose fantastiche che impari quando fai il critico. Impari la disciplina analitica. Impari come spezzettare le storie, sai come sviluppare i tuoi temi e le tue metafore. Ma così facendo ti perdi l'irrazionalità della vita normale, e quindi devi cercare di ricacciarla dentro.
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