Un romanzo, croce e delizia

James Mossman (BBC): “Per lei scrivere un romanzo è un piacere o un impegno?”

Vladimir Nabokov: “Piacere e agonia mentre compongo il libro nella mia mente; sfibrante irritazione quando bisticcio con strumenti e viscere —la matita che va nuovamente temperata, la vesica che va svuotata, la parola che non so mai compitare e devo controllare. Poi la fatica di leggere il dattiloscritto preparato dalla segretaria, la correzione degli errori grandi (i miei) e piccoli (i suoi) cercando di ricordarmi cos’è che andava eliminato o inserito. Di ripetere il processo quando correggo le bozze. Di scartare la radiosa, bellissima, succulenta copia, aprirla — e scoprire subito una sciocca negligenza, che ho commesso io e io ho lasciato lì.

Dopo circa un mese, sono abituato allo stadio finale del libro, al fatto che si sia svezzato dal mio cervello. Ora lo guardo con una sorta di divertita tenerezza come si guarda non tanto un figlio, ma la giovane moglie del figlio.” 

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