L'uccellino e l'oseleto: lingua scritta e lingua parlata

L'uccellino in quanto creatura della lingua scritta aveva una specie di monopolio delle attività ufficiali degli uccelli, almeno nella loro forma diminutiva. Andava a ficcarsi in tutte le manifestazioni riconosciute della cultura, dettati, componimenti, libri di lettura, nei quali ultimi gli piaceva farsi fare il ritratto "sui rami del melo" o in volta per l'aria.

Era un vero e proprio operatore culturale, indaffaratissimo, con appariscenti funzioni di rappresentanza, dir bene del Creato, fare le riverenze al Signore, avvertire la gente che era arrivata la Buona Stagione (la gente lo sapeva già) [...].

Invece l'oseleto sul terreno della cultura era un po' il figlio della serva, privo di un suo status e poco interessante per la gente istruita. Nessuno gli dava le poesie da imparare a memoria, pareva tempo perso. Andava in giro a beccolare, sempre esposto al rischio che riuscissimo a posargli un granello di sale sulla coda (non ci riuscimmo mai). Non lo si vedeva "svolazzare" come l'altro, il suo modo preferito di spostarsi era "zolar-via". E intanto i cacciatori, fischiando, colmavano di pallini le rosse cartucce...

In cambio però l'oseleto ha una qualità che all'uccellino, guarda un po', manca: è vivo.

— Luigi Meneghello, Jura (Il tremaio)

Hammerbrook - City can this really be true?

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