Quando scrivo sono come uno che è in patria

Il mio mestiere è quello di scri­vere e io lo so bene e da molto tempo. Spero di non essere frain­tesa: sul valore di quel che posso scri­vere non so nulla. So che scri­vere è il mio mestiere. Quando mi metto a scri­vere, mi sento straor­di­na­ria­mente a mio agio e mi muovo in un ele­mento che mi par di cono­scere straor­di­na­ria­mente bene: ado­pero degli stru­menti che mi sono noti e fami­liari e li sento ben fermi nelle mie mani.

Se fac­cio qua­lun­que altra cosa, se stu­dio una lin­gua stra­niera, se mi provo a impa­rare la sto­ria o la geo­gra­fia o la ste­no­gra­fia o se mi provo a par­lare in pub­blico o a lavo­rare a maglia o a viag­giare, sof­fro e mi chiedo di con­ti­nuo come gli altri fac­ciano que­ste stesse cose, mi pare sem­pre che ci debba essere un modo giu­sto di fare que­ste stesse cose che è noto agli altri e sco­no­sciuto a me. E mi pare d’esser sorda e cieca e ho come una nau­sea in fondo a me. Quando scrivo invece non penso mai che c’è forse un modo più giu­sto di cui si ser­vono gli altri scrit­tori. Non me ne importa niente di come fanno gli altri scrit­tori. Inten­dia­moci, io posso scri­vere sol­tanto delle sto­rie. Se mi provo a scri­vere un sag­gio di cri­tica o un arti­colo per un gior­nale a comando, va abba­stanza male. Quello che allora scrivo lo devo cer­care fati­co­sa­mente come fuori di me. Posso farlo un po’ meglio che stu­diare una lin­gua stra­niera o par­lare in pub­blico, ma solo un po’ meglio. E ho sem­pre l’impressione di truf­fare il pros­simo con delle parole prese a pre­stito o rubac­chiate qua e là. E sof­fro e mi sento in esi­lio.

Invece quando scrivo delle sto­rie sono come uno che è in patria, sulle strade che cono­sce dall’infanzia e fra le mura e gli alberi che sono suoi. Il mio mestiere è scri­vere delle sto­rie, cose inven­tate o cose che ricordo della mia vita ma comun­que sto­rie, cose dove non c’entra la cul­tura ma sol­tanto la memo­ria e la fan­ta­sia. Que­sto è il mio mestiere, e io lo farò fino alla morte.

— Natalia Ginzburg, "Il mio mestiere" in Le piccole virtù, 1984.

Hammerbrook - City can this really be true?

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