Il racconto è come una fotografia, il romanzo come un film

Non so se abbiate mai sentito parlare un fotografo professionista della propria arte; a me ha sempre sorpreso il fatto che egli si esprima per molti versi come potrebbe fare uno scrittore di racconti.

Fotografi del calibro di un Cartier-Bresson o di un Brassaï definiscono la loro arte come un apparente paradosso: quello di ritagliare un frammento della realtà fissandogli determinati limiti, ma i modo tale che quel ritaglio agisca come un'esplosione che apra su una realtà molto più ampia, come una visione dinamica che trascenda spiritualmente il campo compreso dall'obiettivo.

Mentre nel cinema, come nel romanzo, la percezione di tale realtà più ampia e multiforme si ottiene mediante lo sviluppo di elementi parziali, accumulativi, che non escludono, naturalmente, una sintesi che dia il "climax" dell'opera, in una fotografia o in un racconto di grande qualità si procede in modo inverso, ovvero il fotografo o lo scrittore di racconti si vedono obbligati a scegliere e a circoscrivere un'immagine o un avvenimento che siano "significativi", che non valgano solamente per se stessi ma che siano capaci di agire sullo spettatore o sul lettore come una specie di "apertura", di fermento che proietti l'intelligenza e la sensibilità verso qualcosa che va molto oltre l'aneddoto visivo o letterario contenuti nella foto o nel racconto.

— Julio Cortázar, Algunos aspectos del cuento,
testo di una conferenza tenuta a La Habana
pubblicato in "Casa de las Américas" II (nov 1962- feb 1963)
Einaudi-Gallimard, Torino 1994

Hammerbrook - City can this really be true?

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