La letteratura non fa proseliti
Così completa è la mia fede nella narrativa che la vedo come una mega-disciplina, una disciplina che incorpora tutte le altre, confonde i generi, mescola realtà e immaginazione, e nel migliore dei casi riafferma il diritto dello spirito individuale e indipendente di rappresentare il mondo. Proprio come faceva nell’ antichità, quando la storia era un modo di conoscere, anzi lo strumento principale per organizzare e conservare il sapere; quando la realtà era una funzione della fede visionaria e la gente creava le storie che leggiamo e che ci hanno guidato fino a oggi. Le scritture, le storie di Dio.
I letterati sono dei conservatori che tengono in gran conto le strutture basilari dello spirito umano, che coltivano l’ universale disposizione a pensare in forma di storie, il primissimo strumento di conoscenza, il discorso totale che precede gli speciali vocabolari dell’ intelligenza moderna.
Ma con tutti i suoi poteri la letteratura non fa proseliti. E invariabilmente bipolare, il dubbio sempre implicito nell’ asserzione, dentro il sì c’ è sempre un no e dentro il no un sì. E fornitrice di complessità morale, paradosso, ironia, pathos, insuccesso umano, e del fallimento, comico o tragico, delle istituzioni umane. E uno specchio dell’ irresolutezza dell’ anima dell’ uomo.
Dice: «Ecco come ci si sente, ecco la verità della vita come la sentiamo». Così facendo essa confonde la fede semplicistica, resiste alla pressione della libertà connessa alle fantasie complessive della società che, con la loro inerzia, instillano un intorpidimento del pensiero.— E.L. Doctorow, intervento al Festival delle Letterature
Roma, Basilica di Massenzio, 12 giugno 2007
Hammerbrook - City can this really be true?
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