Immaginazione: contatto con l’anima mundi, conoscenza o repertorio del potenziale?

Da dove “piovono” le immagini nella fantasia?
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La più esauriente e chiara e sintetica storia dell’idea di immaginazione l’ho trovata in un saggio di Jean Starobinski, “L’impero dell’immaginario” (nel volume “La relation critique”, Gallimard, 1970). Dalla magia rinascimentale di origine neoplatonica parte l’idea dell’immaginazione come comunicazione con l’anima del mondo, idea che poi sarà del Romanticismo e del Surrealismo.

Questa idea contrasta con quella dell’immaginazione come strumento di conoscenza, secondo la quale l’immaginazione, pur seguendo altre vie da quelle della conoscenza scientifica, può coesistere con quest’ultima, e anche coadiuvarla, anzi essere per lo scienziato un momento necessario per la formulazione delle sue ipotesi.
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Ma c’è un’altra definizione in cui mi riconosco pienamente ed è l’immaginazione come repertorio del potenziale, dell’ipotetico, di ciò che non è né è stato né forse sarà ma che avrebbe potuto essere. Nella trattazione di Starobinski questo aspetto è presente là dove viene ricordata la concezione di Giordano Bruno. Lo “spiritus phantasticus” secondo Giordano Bruno è “mundus quidem et sinus inexplebilis formarum et specierum” (un mondo o un golfo, mai saturabile, di forme e d’immagini). Ecco, io credo che attingere a questo golfo della molteplicità potenziale sia indispensabile per ogni forma di conoscenza. La mente del poeta e in qualche momento decisivo la mente dello scienziato funzionano secondo un procedimento d’associazione di immagini che è il sistema più veloce di collegare e scegliere tra le infinite forme del possibile e dell’impossibile.

La fantasia è una specie di anima elettronica che tiene conto di tutte le combinazioni possibili e sceglie quelle che rispondono a un fine, o che semplicemente sono le più interessanti, piacevoli, divertenti.

— Italo Calvino, Lezioni americane, 1984

Hammerbrook - City can this really be true?

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