Pensa a una possibilità che ti sei lasciato scappare, e costruiscici sopra un personaggio.


“E ancora una volta vedo [il mio personaggio Tomáš] così come mi è apparso all'inizio del romanzo. È alla finestra e guarda nel cortile il muro della casa di fronte.

È l'immagine dalla quale egli è nato. Come ho già detto, i personaggi non nascono da un corpo materno, come gli esseri umani, bensì da una situazione, da una frase, da una metafora, contenente come in un guscio una possibilità umana fondamentale che l'autore pensa nessuno abbia mai scoperto o sulla quale ritiene nessuno abbia mai detto qualcosa di essenziale.

Ma non si dice forse che un autore non può parlare che di se stesso?

Guardare impotenti nel cortile, senza sapere che cosa fare; sentire l'ostinato brontolio della propria pancia nell'attimo dell'esaltazione amorosa; tradire e non potersi fermare sulla bella strada dei tradimenti; alzare il pugno nel corteo della Grande Marcia; esibire il proprio umorismo davanti ai microfoni nascosti dalla polizia; tutte queste situazioni le ho conosciute e vissute io stesso, e tuttavia da nessuna di esse è sorto un personaggio che sia me stesso col mio curriculum vitae. I personaggi del mio romanzo sono le mie proprie possibilità che non si sono realizzate. Per questo voglio bene a tutti allo stesso modo e tutti allo stesso modo mi spaventano: ciascuno di essi ha superato un confine che io ho solo aggirato. È proprio questo confine superato (il confine oltre il quale finisce il mio io) che mi attrae. Al di là di esso incomincia il mistero sul quale il romanzo si interroga. Un romanzo non è una confessione dell'autore, ma un'esplorazione di ciò che è la vita umana nella trappola che il mondo che è diventato.”


— Milan Kundera, L'insostenibile leggerezza dell'essere, 1984

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